Art by Elena Martyniuk
Egli le posò la mano sulla spalla e leggermente, dolcemente, essa prese a scendere lungo la schiena di lei, ciecamente, fino alla curva dei lombi accoccolati. E lì, dolcemente, dolcemente le accarezzò il fianco con quella carezza cieca, istintiva. Ella aveva trovato il fazzoletto e tentava di asciugarsi ciecamente il viso. "Venite nella capanna?" diss'egli con voce tranquilla e inespressiva. E, prendendole dolcemente il braccio al disopra del gomito con una mano, la sollevò da terra, la condusse lentamente nella capanna senza lasciarla prima che fosse entrata. Poi mise da parte la tavola e la sedia, prese fuori dalla cassa degli utensili una coperta scura da soldato, la stese per terra lentamente. In piedi, immobile, ella lo guardava. Aveva il viso pallido, inespressivo, simile a quello d'un uomo che si arrenda al destino. "Coricatevi qui" disse dolcemente. E chiuse la porta, in modo che fu buio, buio completo nella capanna. Stranamente obbedendo, ella si distese sulla coperta. Poi sentì la mano dolce, brancolante, disperatamente avida, toccarle il corpo, cercarle il viso. La mano le accarezzava dolcemente il viso, dolcemente, apportatrice di sollievo, d'una pace infinita: poi sentì il dolce contatto d'un bacio sulla guancia. Giaceva assolutamente immobile, immersa in una specie di sonno, di sogno. Poi sentendo la mano brancolare dolcemente, e tuttavia con inesperienza curiosa e impacciata, tra le sue vesti, ebbe un brivido. Tuttavia la mano sapeva anche come svestirla, lì, dove voleva. Fece discendere la sottile guaina di seta, lentamente, con cura, fino ai suoi piedi. Poi, con un fremito d'intenso piacere, le toccò il corpo soffice e caldo, e, per un momento, le sfiorò l'ombelico con un bacio. E dovette entrare subito in lei, entrare nella pace terrestre del suo corpo tenero e arrendevole. Fu per lui il momento della pace perfetta, quell'entrare nel corpo della donna. Ella rimaneva immobile, sempre immersa in una specie di sonno. Tutta l'attività, tutto l'orgasmo veniva da lui; ella non poteva tentare nulla per se stessa, ora. Anche la stretta delle sue braccia intorno a lei, anche l'intenso movimento del suo corpo, e fluire del suo seme in lei, tutto non era che una specie di sonno dal quale non cominciò a destarsi che quando egli ebbe finito e si abbandonò, ansimando un poco, sopra il suo petto. Allora ella domandò vagamente a se stessa: Perché? Perché questo era necessario? Perché questo aveva dissipato la gran nube che la opprimeva e le aveva dato la pace? Era vero? Era vero?
David Herbert Lawrence: "L'Amante di Lady Chatterley"
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