A Weimar, in Germania, esposizione sulla cultura della sensualità
IL CANTO
Qualcosa ancora si prova,
pelle contro pelle,
mano strofina mano,
ma qualcosa va in cancrena,
un odore nauseabondo
che si assorbe su qualsiasi cosa
come linfa su terra,
pelle contro pelle
mano strofina mano.
Non ci sono vie d'uscita:
le porte sono sbarrate,
il cielo una linea d'aria:
tutto è chino in sé,
corpo a corpo, legato,
perso nell'oblio del mare
come veliero spaccato a metà
che cala lento, onda su onda.
La disperazione ulula,
ulunano pure i cani,
un latrato monotono,
di ferro ardente sulla carne viva.
E qualcuno ancora ruggisce, comanda,
e stringe le corde
e spacca le teste
e prega convulso
sotto gli occhi lucenti della luna.
E' come se tra le sponde di ogni sorgente
sia rimasta impregnata ogni singola cosa,
ogni luttuoso lamento.
Il sangue raccolto nelle radici intime
del profondo non sazia la voglia di riposare.
E nei pilastri di marmo
che reggono strette le catene,
qualcuno si dimena; è il suo turno.
Le sue mani legate si muovono
come uno sbattere d'ali; un moto furioso
mentre proboscidi appese a obesi uomini
cantano saltellandogli intorno,
urinandogli nella bocca,
costringendolo ad essere coro,
costringendolo a lavarsi in quel lago
che non è suo, ma che ormai lo appartiene.
Niente di ciò che fu, solo ciò che ora è.
Ora è,
ora è il lamento,
un gemito senza nome,
un latrato monotono.
E' il canto delle urine che battezza un nuovo giorno.
(Il suono delle campane, il fruscio del grano)
E' qualcosa di tenere che lieve accompagna alla morte.
Non ci sono vie d'uscita.
La polvere ha già ricoperto gli alberi
coi tarli, col cigolio del cadere,
con quel qualcosa che ancora si prova,
i brividi dell'orgasmo,
la voce della morte che servilmente
ci accompagna, ci resta al fianco
lungo tutta la vita,
pelle contro pelle
mano strofina mano.
_da "Nelle trasparenze caotiche di nuvola perpetua" di Benny Nonasky
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